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Ricci-Forte-Still-life-02Solo poche parole su StillLife di Ricci&Forte, soprattutto per correggere l’impressione che mi lasciò Immitationofdeath visto al Piccolo oramai due anni fa: quello che mi sembrò un addomesticarsi in un estetismo eccessivo in Still Life è diventano crescita artistica, una sublimazione del percorso fatto fino ad ora senza perdere l’ intensità e la forza innovativa degli esordi. Lo spettacolo è del 2013, considerati gli argomenti sostenuti durante il recente FamilyDay, questo spettacolo dovrebbe essere riproposto al più presto e proprio in quelle scuole che i partecipanti del suddetto giorno della famiglia vorrebbero a loro immagine e somiglianza e non specchio della realtà della vita.ricci-forte

In questi due mesi ho visto due spettacoli: Paranza. Il Miracolo regia Clara Gebbia ed Enrico Roccaforte ed Too late – (Antigone) Contest #2 di Motus.

PARANZA-WEBParanza. Il Miracolo: una riflessione sulla disgregazione sociale contemporanea dovuta alla nostra incapacità di sentirci simili al prossimo, sempre impegnati a fare delle distinzioni tanto da arrivare a dirsi “certo, sono misarabile, ma quel miserabile è più miserabile di me, non  sono come lui” impedendo così l’ accumunarsi, l’ identificarsi, l’unirsi e il rafforzarsi a vicenda, fondamentali per ottenere qualsiasi cosa. Mutuando una usanza popolare per cui i fedeli dai vari quartieri di Napoli e dalla provincia si uniscono in un pellegrinaggio alla Madonna dell’Arco, i quattro protagonisti, ognuno con il proprio diritto da richiedere,  si uniscono in questa “paranza”, una processione laica, che diverrà efficace quando i quattro si renderanno conto che, sebbene siano diverse le provenienze sociali e le richieste, avranno davvero forza quando la richiesta di ciascuno diverrà la richiesta di tutti, quando sarà chiaro che il condividere un fine comune assottiglia, se non elimina, le apparenti differenze e un manager licenziato avrà lo stesso peso, perché è la stessa umanità, di chi ha passato una vita sempre sul ciglio della strada.hqdefaultI registi si ricollegano alla cultura popolare, sia per il tema della processione che per le musiche con i testi in dialetto che si rifanno alla riscoperta dei canti popolari in chiave di denuncia sociale iniziata negli anni Settanta, per mettere al centro dell’attenzione quel che è il tema dei nostri giorni: l’incapacità di essere solidali, di mettersi nelle scarpe altrui; così concentrati sul nostro ombelico, il prossimo è visto come una minaccia al proprio status quo e le parole che si leggono in questi giorni sui migranti ne sono una dolorosa, e per me vergognosa, conferma. Mi chiedo, come anche Moretti nel suo ultimo film, se questa scelta registica possa essere ancora efficace su di un piano comunicativo.

Antigone-01Di Motus avevo visto X (ics) racconti crudeli della giovinezza ad una Biennale Teatro di alcuni anni fa, uno spettacolo sulla giovinezza scritto da chi giovane non è più e cerca di ricostruire ciò che può voler dire, di cui ho un ricordo vago e al tempo stesso intenso, tanto da tenere il pieghevole di sala sempre in vista in giro per casa. Too late è una riflessione sul potere: quello politico, quello della famiglia, delle leggi, della società stessa che ci riduce a cani scodinzolanti, o ringhianti, ma comunque inoffensivi. AntigoneUna riflessione sul potere che è anche riflessione sul teatro: gli attori recitano la parte di loro stessi impegnati a mettere in scena Antigone raccontando i loro vissuti, i dubbi sull’interpretazione da dare al personaggio. Ci sono riferimenti all’oggi, a pezzi di storia recente troppo frettolosamente dimenticati, come fu la guerra contro la Serbia, ma c’è anche una mancanza: manca il potere che seduce, che ammalia, che ottenebra con la sua apparente leggerezza, il potere alla Renzi con il suo piffero che molti, quasi tutti, incanta. Il potere messo in scena è, infatti, un potere alla Berlusconi, oligarca ormai avviato sul viale del tramonto, soppiantato dalla  seducente e pervasiva inconsistenza del suo successore. Quello di Motus è un teatro dove corpo, voce e parola occupano la scena, pressochè priva di scenografia, e dove la parola sembra acquistare forza solo quando scritta sul corpo stesso come se, da sola, non avesse quella capacità di penetrazione che raggiunge quando riesce a modulare lo choc visivo ed emotivo a cui la fisicità del corpo ci espone.