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Son riuscita ad andare a vedere qualche spettacolo de Uovo festival.
Purtroppo non ho avuto molto tempo e la scelta si è limitata a tre spettacoli: La sagra della primavera e delirio a Las Vegas, (M)IMOSA twenty looks or Paris is burning at the Judson Church, e Love will tear us apart. Forse ho scelto i tre spettacoli sbagliati, ma devo dire che, per due terzi, son rimasta alquanto delusa.

rizzo_08ok-840x558La sagra della primavera e delirio a Las Vegas: danza scomposta, decostruita, ok, d’accordo, ma era nuova trent’anni fa. Nella presentazione del lavoro si alludeva al crearsi di una situazione per cui vi sarebbe stata laa musica ascoltata dagli spettatori in cuffia, La sagra della primavera di Igor Stravinskij per l’appunto, e la musica che Cristina Rizzo avrebbe danzato: allo spettatore la scelta se seguire la musica nelle proprie cuffie o quella seguita della ballerina in scena. Era stimolante l’idea di un danzare che contemporaneamente interpretasse due testi musicali, peccato che nello spettacolo la contemporaneità non ci sia stata: la musica della ballerina, anche coreografa e ideatrice, era la stessa che usciva dalle cuffie di noi spettatori, eccetto negli ultimi minuti in cui abbiamo sentito la musica che usciva dagli auricolari che indossava, le nostre cuffie totalmente mute. La possibile disarmonia/armonia tra musica e movimento, o la disarmonia/armonia nell’ ascoltare/veder danzare contemporaneamente  due testi musicali non si son proprio viste.

MIMOSA-06-840x558L’apoteosi della delusione (M)IMOSA di e con Cecilia Bengolea, François Chaignaud, Trajal Harrell, Marlene Monteiro Freitas: definirlo uno spettacolo vecchio è esser indulgenti; considerarlo una riflessione sul transgender vorrebbe dire esser troppo generosi; le battute della Mimosa drag sono prese paro paro dal monologo di Agrado in Tutto su mia madre di Almodovar, solo che Agrado è più divertente. Nei primi quindici minuti gli unici due inserti degni di nota: uno in cui la danza si contamina con i movimenti sincopati della danza africana e una sequenza in cui il ballare sulle punte è in realtà un muoversi su tacchi vertiginosi, divenuti quasi parte del corpo stesso, con dei movimenti a terra anche inediti. La cosa che mi ha stupito di più l’entusiasmo quasi fanatico del pubblico: noi lì impietriti e questo totalmente entusiasta, forse che l’età media era sopra ai quarant’anni ed eran tutti dei parrucconi ben vestiti a cui piace mostrare di non scandalizzarsi in certe situazioni. Per il resto, danza e novità non pervenuti.

Pensando ai rossi stiletti di (M)IMOSA o ad uno spettacolo visto alla Biennale Danza del 2007 Body Remix/Goldberg Variations della COMPAGNIE MARIE CHOUINARD mi stavo chiedendo se la danza potesse aver qualcosa di inedito da proporre solo contaminando la capacità espressiva del corpo con una specie di periferica, siano i tacchi in (M)IMOSA o le stampelle in Body Remix/Goldberg Variations, quando sono andata a vedere Love will tear us apart di Saša Božić. Che mi ha smentito.

Sasa-Bozic_02-840x558Una ventata di freschezza, dovuta soprattutto alla interpretazione di Petra Hrašćanec, dove la coreografia parte da un’idea semplice e forse proprio per questo così piacevole. Cinque brani musicali, ogni brano interpretato per qualcuno in particolare: il direttore del festival che ha comprato il pezzo, noi pubblico, per se stessi, per uno spettatore scelto in quel momento, per un amore di diversi anni fa con una felice leggerezza dovuta al non voler forzatamente stupire.